La Marina Templare nel Golfo della Spezia
"Presso l’Archivio di Stato di Pisa – Fondo Roncioni, si rinviene una pergamena del 28 Gennaio 1255 in cui è citato un frate, Dalmazio da Fenoclaria, Maestro della casa dei poveri e delle Magioni dei Templari in tutta Italia, che indice a Pisa una riunione plenaria perché sono spariti calici e arredi in argento dai magazzini delle navi in disarmo (allora le navi venivano messe in disarmo dopo la festa della Madonna di Ferragosto, cioè l’Assunta e riprendevano la navigazione a Genova per la festa di San Giorgio, ed a Venezia per la festa di San Marco, cioè nell’ultima settimana del mese di Aprile). Da ciò si deduce che nel seno di Pertusola (che oggi ospita un porticciolo turistico, a lato della Fincantieri del Muggiano , l’Ospedale di San Leonardo fosse gestito dai Templari..." dall'articolo sottostante
LA BAIA DEL CESINO, OVVERO DEL BOSCO TAGLIATO.
Pochi sanno identificare questo toponimo del nostro comune. Invero sono molti i nomi per identificare questo tratto di costa. Elenchiamoli: Alli Bagnolli, Cento Chiavi, Cento Croci, Cesino, Fenoclarja, Li Bagni, Muggiano, Muxano, Nebbia Colomba, Oca Pelata, Pertuggiola, Pertusola, Punta del Calandrello, Santa Teresa. Uno dei primi documenti è quello che si trova all’Archivio di Stato di Torino, Fondo dell’Abbazia del Tino, in cui Alberto Azzo, marchese e conte di Vezzano, che vive ancora sotto la legge longobarda, dona dei beni che possiede in Fenoclarja (30 Novembre 1050) consistenti in case, vigne, prati, terre arabili, pometi, ficeti, oliveti, boschi, orti, campi, saliceti, pascoli, sorgenti, documento questo importantissimo per capire la storia dell’agricoltura nella nostra zona. Una successiva donazione ai Monaci di San Venerio del Tino viene fatta nel giugno 1094 da Giuditta, contessa, vedova del Marchese Alberto e da suo figlio Oberto e nell’atto viene riportato il toponimo Muxano. Un altro importante documento si rinviene nel Registrum vetus del Comune di Sarzana, il libro che, parallelamente al Codice Pelavicino del vescovo-conte di Lunigiana, contiene i documenti del potere comunale di Sarzana. L’atto del 27 Giugno 1245 sancisce l’acquisto da parte del Comune di Sarzana di una parte del territorio di Arcola, cioè ”il porto di mare di Cento Chiavi, le spiagge, gli arenili, le scogliere, la giurisdizione di questi luoghi e del piccolo porto dell’Ospedale di Cento Chiavi e dei bagni esistenti in detto porto”. Non si tratta di bagni di mare, ma di acque termali che sgorgavano in detto porto, come denota l’etimologia di Cento Chiavi, che sta a significare molti rivi e molte sorgenti. Si legge da alcune fonti che ben cinque tipi diversi di acque sgorgavano nel luogo, e fra queste una arseniosa. Una galera dell’Ordine di Malta, nuova del luogo, si approvvigionò da questa fonte e così metà dell’equipaggio morì. Ne scrive così Gaudenzio Merula o Merola, un erudito di Borgo Lavezzaro (Novara) (1500 – 1555). Una delle sorgenti era chiamata “La Samaritana”. Matteo Vinzoni nel manoscritto ”Anticaglie di diversi paesi della Lunigiana e del Golfo” (manoscritto giacente presso la Biblioteca Civica “Mazzini” della Spezia) scrive che “vi si dice per denominazione <alli Bagnolli>, e di detta acqua ne prendono spesse volte le persone forestiere”. Il Targioni-Tozzetti, nel Libro XI del suo trattato “Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa” (Firenze, 1777) cita: “li bagni, lo spedale di San Bartolomeo delle Centochiavi, le paludi colta ed incolta vicina all’acqua dello Starolo, la valle di Musano…”. Il Canonico lericino Gonetta precisa che l’Ospedale non era titolato a San Bartolomeo, ma a San Leonardo e precisa che nel 1380 ne era Rettore un reverendo Perfetti, cognome tuttora presente in San Terenzo. Egli scrive che “Andrea Sindaco de Comune d’Arcola reclama che S.Leonardo de Cento Croci è debitore di uno staio di frumento alla comunità di Arcola” (Giobatta Gonetta– “Storia compendiosa di Lunigiana” – manoscritto giacente presso la Biblioteca Civica “Mazzini” della Spezia). Nel volumetto “Cenni storici del Comune d’Arcola del Dottore Pietro Fiamberti (Chiavari, 1835) si legge: “San Bartolomeo e Musano delle Cento Croci era pure un villaggio del Comune di Arcola esistente nella spiaggia marittima del Golfo della Spezia, che dicesi tuttora Musano” ed ancora scrive: “dicono alcuni che gli abitanti di San Bartolomeo delle Cento Chiavi fossero chiamati Tigulini, o della Tigullia”. Nelle visite del Visitatore Apostolico Peruzzi si legge che esisteva anche una chiesa, così indicata: “ecclesia vulgo noncupata le cento chiave” (Enzo Freggia, “La visita apostolica di Angelo Peruzzi nella Diocesi di Luni-Sarzana (1584)”. Questa chiesa, definita in un documento del 1780, “antichissima appresso la Marina” , deve intendersi come la cappella di San Bartolomeo, appartenente alla pieve di Santo Stefano e di Santa Margherita di Baccano di Arcola, e poi passata sotto la giurisdizione della chiesa di San Bartolomeo di Pitelli. Le etimologie chiariscono queste contraddizioni:
Cento Chiavi = cento chiaviche, o torrentelli, o sorgenti. Qui il cento sta a significare, popolarmente,
tanti, molti, da non essere possibile contarli ;
Cento Croci = deriva dalla voce celtica ken cruach, che significa presenza di scogli o massi, come gli altri due Cento Croci di Lunigiana, cioè il Passo del Cerretto ed il Passo di Cento Croci della Val di Vara. Anche il Monte Croce di Fabiano ha la stessa radice semantica. Qui si riferisce alla costa rocciosa oggi nota come Santa Teresa, dal nome della batteria costruita dai genovesi nel 1747. Il cento è una italianizzazione di ken ;
Cesino= tagliato (il bosco). Il toponimo deriva dalla voce latina caedere, tagliare. Si veda la voce cesione, taglio di alberi, disboscamento. Si vedano le voci cesoie, cisoie;
Musano = voce pre-indoeuropea da moose , acquitrino, come i fiumi Mosa e Mosella;
Nebia Colomba = bellissimo toponimo celtico doppio, formato dal neblo-nebbio (il sambuco) e da comba-cumba (valle sinclinale), del tutto simile al Guercia Colomba (cercia + comba, la valle delle querce, che si trova presso il Guercio e sotto Cerri;)
Oca Pelata= toponimo doppio derivante dalle Tavole di Gubbio, formato da Oca, cioè Ocar, luogo alto fortificato e Pelata, da pihatu, cioè luogo in cui si prega ad alta voce. Il toponimo si riferisce a Santa Teresa. Nel “Libro delle Delibere degli Uomini Quaranta del Parlamento di Lerici” (composto anche di otto parlamentari di San Terenzo e otto delle Ville) alla data del 13 gennaio 1691 si legge: “per accomodare e restaurare la Casetta posta nell’Ocapelata che serve per fare la Guardia per la Sanità”;
Pertusola = il toponimo si rileva come “Cala del Pertuso” nella carta del Capitano Ingegnere Giacomo Brusco del 1790. Il significato del termine riporta ad una grotta o caverna, di solito passante. Della presenza di una grotta fa fede l’annotazione delle “guardie di sanità” di quel tratto di costa denominato spiaggia del Cesino, per cui si ha una “Guardia in grotta”, posta fra la “Guardia dell’Oca Pelata” e la “Guardia di San Bartolomeo”;
Punta del Calandrello = la punta rocciosa dell’Ocapelata era anche chiamata Punta del Calandrello, per la tradizione di essere un punto speciale per la caccia alle calandre, o mignarde, dette anche allodole senza ciuffo, uccelli di passo primaverile che si incanalavano nel Golfo provenendo dal canale di Porto Venere. Gli stormi provenienti dal Canale del Tino si cacciavano sulle alture della Rocchetta, mentre gli stormi provenienti dalla sella del Derbi si cacciavano agli Stagnoni. Nel Libro del Monte dell’Abbondanza della Comunità di San Terenzo si legge: “per segnale nella punta del Calandrello ossia del Forte di Santa Teresa …”.
San Bartolomeo = cappella esistente nella punta ove oggi si rinviene il grande edificio della Caserma Fiastri (ex base degli idrovolanti della Regia Aereonautica). Nel 1794 vi fu costruita una installazione militare detta “Progetto della batteria di cinque pezzi di cannone presso la cappella di San Bartolomeo nella costa orientale del Golfo”. Una costruzione che potrebbe essere la suddetta cappella si può scorgere nella fotografia del fotografo Conti Vecchi, riportata alla pagina 48 del libro “Lerici, la storia in fotografia”, Vol. I (1991);
Santa Teresa = batteria costruita dai Genovesi nel promontorio, di cui il Gonetta scrive “Forte di Santa Teresa opera dei Genovesi del 1747 all’epoca della cacciata dei Tedeschi”. Nel “Libro dei Legati” del 1641 della parrocchia di San Terenzo si legge: “Addì 7 Ottobre 1745. Dovendosi dare principio alla nova fortezza di S. Teresa chiamatasi prima l’Ochapelata e ciò d’ordine dal Serenissimo di Genova in tempo dal Sig. Commissario di Sarzana Ill.mo Sig. Checco Negrone ne andai con tutto il clero, stolla, e piviale e croce alla volta per essere giurisdizione di S. Terentio e si fece la beneditione sopra pietra senza contrasto et oppositione di neuno. Firmato Gio Felice Rettoredi S. Terentio al Mare. Mano propria”.
Presso l’Archivio di Stato di Pisa – Fondo Roncioni, si rinviene una pergamena del 28 Gennaio 1255 in cui è citato un frate Dalmazio da Fenolaria, Maestro della casa dei poveri e delle Magioni dei Templari in tutta Italia, che indice a Pisa una riunione plenaria perché sono spariti calici e arredi in argento dai magazzini delle navi in disarmo (allora le navi venivano messe in disarmo dopo la festa della Madonna di Ferragosto, cioè l’Assunta e riprendevano la navigazione a Genova per la festa di San Giorgio, ed a Venezia per la festa di San Marco, cioè nell’ultima settimana del mese di Aprile). Da ciò si deduce che nel seno di Pertusola l’Ospedale di San Leonardo fosse gestito dai Templari, che vi avrebbero tenuto in disarmo le loro galere e ricoverati i relativi equipaggi. In seguito alla chiusura dell’Ordine la stazione sarebbe poi passata all’Ordine di Malta. Non si sa se, prima di essere stato utilizzato dall’Ordine di Malta, il complesso sia stato posseduto dagli Ospitalieri o da qualche altro ordine religioso che ereditò i beni dei Templari. Il riferimento allo stazionamento di galere dell’Ordine di Malta è confermato dalla relazione di Giuseppe Bandini, accompagnatore dell’Inquisitore a Malta di Benedetto XIV, del Giugno 1754, in cui si legge che essi vennero a Lerici per imbarcarsi sulla galera diretta a Malta (“Giornale Storico della Lunigiana”, 1903, N° 1, pag. 54). Nella carta francese del 1824 di Chabrol de Volvic, a titolo “Veduta del Golfo de La Spezia”, nel seno di Pertusola è raffigurato, a fianco di un canaletto, un edificio direttamente affacciato sul mare. Analoga costruzione era visibile nella carta del Brusco del 1816, di proprietà del Centro Bibliografico Sant’Agostino della Spezia. Potrebbe essere l’antico edificio che non è stato distrutto né dallo scoppio del Forte di Falconara (1922) né dai bombardamenti aerei , né dai cannoneggiamenti che provenivano dalla Linea Gotica, nell’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale. In detto edificio è rappresentato un complesso a strisce bianche e nere che dovrebbe essere l’Ospedale di San Leonardo. Della torre di guardia con finestre arciere, che stava a guardia del “portulo maris”, esiste invece una lastra fotografica - in vetro - dello Studio Conti Vecchi , in cui si può scorgere chiaramente, attraverso l’ingrandimento dell’immagine, l’edificio che contiene l’affresco, al di là della torre da guerra e del molo del porto delle galere. L’immagine, del 1880, è riportata alla pagina 49 del libro “Lerici, la storia in fotografia”, Vol. I, 1991, ed ingrandita, alla pagina 201 del libro “Lerici e il mare”, Vol.I (1999). Dalle citate fotografie dello studio Conti Vecchi si vede tutto l’impianto del “balipedio” della Regia Marina per effettuare le prove dei cannoni da “cento”, cioè da cento tonnellate, che sarebbero poi stati collocati nelle corazzate dell’epoca (ad esempio nel 1885, nella “Morosini”, varata nell’Arsenale di Venezia, ne furono sistemati quattro, su piattaforma girevole). Dalle immagini si possono scorgere i primi pali della elettricità, prodotta negli impianti della Regia Marina, che forniranno anche l’elettricità al faro del Tino (1881). Nella spiaggia del Cesino furono collocati i cantieri di costruzioni navali, dapprima esistenti nella piazza di Lerici, spostati per motivi di sicurezza sociale, in quanto le costruzioni avvenivano “coram populo”, con i ragazzi che giocavano fra gli scali. Si veda l’ex voto della Parrocchia di San Francesco di Lerici in cui si ringrazia la Madonna di Maralunga per aver salvato un ragazzo colpito da due grandi antenne che erano cadute da uno “scip in costruzione” (maggio 1871). Si veda la tavola 69 del libro “Ex voto marinari in provincia della Spezia” (1978). Il culmine dell’intolleranza della popolazione lericina per la presenza degli scali avvenne quando si costruì un veliero così grande, per cui, per sistemare il bompresso, si dovette bucare il muro di una casa di civile abitazione. I nuovi scali entrarono in funzione nel 1885, con la costruzione di tre piroscafi per gli armatori lericini Raggio e Sturlese. Si costruirono però ancora velieri in ferro, per il trasporto di carichi alla rinfusa di basso valore, come dimostra la fotografia riportata alla pagina 163 del suddetto libro “Lerici e il mare”, che mostra il varo del veliero in ferro “Bexere”, del Compartimento di Genova, dell’armatore Delle Piane (1889).
Nel 1883 entrò in funzione il cantiere Giorgio Henfrey & C., per le riparazioni delle navi che trasportavano dalla Sardegna il minerale per la fonderia di Pertusola, la più grande ed antica fonderia italiana per la produzione del piombo e dell’argento, iniziata nel 1857 con la ragione sociale “Pertusola Limited”, di capitale inglese, della famiglia Brassey, che nel 1899 acquistò numerosi giacimenti in Sardegna. Inizialmente questa fonderia utilizzava la lignite del giacimento di Caniparola, e trattava il minerale del piccolo giacimento di piombo del Monte Parodi. Successivamente, si rese necessario utilizzare il minerale proveniente dalla Sardegna - ove già nel 1600 si iniziò l’utilizzo, in piccole quantità, della trasformazione del minerale - mediante navi sempre più grandi. Dalle riparazioni navali il cantiere “Giorgio Henfrey & C.”, passò alle costruzioni navali, e, due anni dopo aver costruito il piroscafo “Maratea”, la ragione sociale passò alla società inglese “Continental lead and iron Company Limited”, chiusa nel 1893. Il cantiere passò nel 1897 alla “Hofer Manaira & C., e da questa alla “Società Anonima Cantieri Navali del Muggiano”, assorbita nel 1911 dalla Fiat San Giorgio, confluita successivamente nella “Ansaldo San Giorgio”, per passare nel 1949 nell’Ansaldo. Successivamente la ragione sociale divenne “Cantiere Navale Muggiano S.p.a.”. Col 1975 cessò la costruzione di navi mercantili, per la specializzazione del cantiere in costruzioni militari, attività che continua tuttora.
Un ricordo personale di questo cantiere.
Nel 1956, essendomi diplomato con i migliori voti presso l’Istituto Nautico della Spezia, vinsi il “Premio Bibolini” per la Sezione Capitani, ed ebbi la fortuna di imbarcarmi come Allievo Ufficiale sulla prima delle motonavi “costruite in serie”, in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa innovazione era nata proprio nel Cantiere di Muggiano, e la nave, prima della serie denominata “Capitani del Lavoro”, si chiamava “Oscar Sinigaglia”. Conoscendo bene l’Inglese Nautico, mi fu affidato il compito di accompagnare nella visita della nave le delegazioni di armatori stranieri che volevano rendersi conto di come era stato progettato e costruito questo nuovo tipo di nave “Ore-Bulk-Oil Carrier” (OBO). Passando in coperta, sotto il ponte di comando, potevo far vedere la targa che indicava il numero di costruzione ed il nome del cantiere, e facendo ciò potevo spiegare con grande soddisfazione che il primato apparteneva al cantiere di casa, essendo l’armatore Bibolini un lericino, ed anch’io un nativo di Lerici, nel Golfo della Spezia, nella Liguria Orientale, regione che manteneva alte le tradizioni marinaresche della antica Repubblica di Genova.
Bibliografia:
Anticaglie di diversi paesi della Lunigiana e del golfo– M. Vinzoni, manoscritto c/o Biblioteca Civica “Mazzini” , La Spezia
Archivio di Stato di Pisa – Fondo Roncioni , pergamena del 28 Gennaio 1255
Cenni storici del Comune d’Arcola del Dottore Pietro Fiamberti – Chiavari, 1835
Codice Pelavicino - importante raccolta contenente le pergamene che garantivano i diritti del vescovo-conte di Lunigiana, che datano dal 900 al 12877. È conservato presso la Biblioteca Niccolò V di Sarzana
Ex-voto Marinari in Provincia della Spezia – Cassa di Risparmio della Spezia, Stringa Editore, Genova, 1978
Giornale Storico della Lunigiana – N° 1, 1903
La visita apostolica di Angelo Peruzzi nella Diocesi di Luni-Sarzana (1584) – E. Freggia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1986
Le carte del Monastero di San Venerio del Tino (1050-1200) – G. Falco – Vol. I, Tipografia San Giuseppe, Pinerolo,1917
Lerici, la storia in fotografia – E. Calzolari – Vol.I , Luna Editore, La Spezia, 1991
Lerici e il mare – E. Calzolari – Luna Editore, La Spezia, 1999
Lerici e la cantieristica nel Golfo della Spezia – Autorità Portuale della Spezia, Grafiche Lunensi, 2008
Libro dei Legati del 1641 – Parrocchia di San Terenzo
Registrum Vetus del Comune di Sarzana – G. Pistarino, In domo Communis Sarzane, 1965
Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa – Firenze, 1777
Saggio istorico descrittivo della Diocesi di Luni-Sarzana - G. Gonetta, Tipografia Tellarini, Sarzana, 1867; Reprint Insubria, Milano, 1979
Storia compendiosa di Lunigiana – G. Gonetta , manoscritto c/o Biblioteca Civica Mazzini, La Spezia
Studi di Lunigiana, antiche acque di Lunigiana, terra misteriosa dedicata a divinità femminili - E. Calzolari, Editrice Mediaevo, Crema, 2004.
Cento Chiavi = cento chiaviche, o torrentelli, o sorgenti. Qui il cento sta a significare, popolarmente,
tanti, molti, da non essere possibile contarli ;
Cento Croci = deriva dalla voce celtica ken cruach, che significa presenza di scogli o massi, come gli altri due Cento Croci di Lunigiana, cioè il Passo del Cerretto ed il Passo di Cento Croci della Val di Vara. Anche il Monte Croce di Fabiano ha la stessa radice semantica. Qui si riferisce alla costa rocciosa oggi nota come Santa Teresa, dal nome della batteria costruita dai genovesi nel 1747. Il cento è una italianizzazione di ken ;
Cesino= tagliato (il bosco). Il toponimo deriva dalla voce latina caedere, tagliare. Si veda la voce cesione, taglio di alberi, disboscamento. Si vedano le voci cesoie, cisoie;
Musano = voce pre-indoeuropea da moose , acquitrino, come i fiumi Mosa e Mosella;
Nebia Colomba = bellissimo toponimo celtico doppio, formato dal neblo-nebbio (il sambuco) e da comba-cumba (valle sinclinale), del tutto simile al Guercia Colomba (cercia + comba, la valle delle querce, che si trova presso il Guercio e sotto Cerri;)
Oca Pelata= toponimo doppio derivante dalle Tavole di Gubbio, formato da Oca, cioè Ocar, luogo alto fortificato e Pelata, da pihatu, cioè luogo in cui si prega ad alta voce. Il toponimo si riferisce a Santa Teresa. Nel “Libro delle Delibere degli Uomini Quaranta del Parlamento di Lerici” (composto anche di otto parlamentari di San Terenzo e otto delle Ville) alla data del 13 gennaio 1691 si legge: “per accomodare e restaurare la Casetta posta nell’Ocapelata che serve per fare la Guardia per la Sanità”;
Pertusola = il toponimo si rileva come “Cala del Pertuso” nella carta del Capitano Ingegnere Giacomo Brusco del 1790. Il significato del termine riporta ad una grotta o caverna, di solito passante. Della presenza di una grotta fa fede l’annotazione delle “guardie di sanità” di quel tratto di costa denominato spiaggia del Cesino, per cui si ha una “Guardia in grotta”, posta fra la “Guardia dell’Oca Pelata” e la “Guardia di San Bartolomeo”;
Punta del Calandrello = la punta rocciosa dell’Ocapelata era anche chiamata Punta del Calandrello, per la tradizione di essere un punto speciale per la caccia alle calandre, o mignarde, dette anche allodole senza ciuffo, uccelli di passo primaverile che si incanalavano nel Golfo provenendo dal canale di Porto Venere. Gli stormi provenienti dal Canale del Tino si cacciavano sulle alture della Rocchetta, mentre gli stormi provenienti dalla sella del Derbi si cacciavano agli Stagnoni. Nel Libro del Monte dell’Abbondanza della Comunità di San Terenzo si legge: “per segnale nella punta del Calandrello ossia del Forte di Santa Teresa …”.
San Bartolomeo = cappella esistente nella punta ove oggi si rinviene il grande edificio della Caserma Fiastri (ex base degli idrovolanti della Regia Aereonautica). Nel 1794 vi fu costruita una installazione militare detta “Progetto della batteria di cinque pezzi di cannone presso la cappella di San Bartolomeo nella costa orientale del Golfo”. Una costruzione che potrebbe essere la suddetta cappella si può scorgere nella fotografia del fotografo Conti Vecchi, riportata alla pagina 48 del libro “Lerici, la storia in fotografia”, Vol. I (1991);
Santa Teresa = batteria costruita dai Genovesi nel promontorio, di cui il Gonetta scrive “Forte di Santa Teresa opera dei Genovesi del 1747 all’epoca della cacciata dei Tedeschi”. Nel “Libro dei Legati” del 1641 della parrocchia di San Terenzo si legge: “Addì 7 Ottobre 1745. Dovendosi dare principio alla nova fortezza di S. Teresa chiamatasi prima l’Ochapelata e ciò d’ordine dal Serenissimo di Genova in tempo dal Sig. Commissario di Sarzana Ill.mo Sig. Checco Negrone ne andai con tutto il clero, stolla, e piviale e croce alla volta per essere giurisdizione di S. Terentio e si fece la beneditione sopra pietra senza contrasto et oppositione di neuno. Firmato Gio Felice Rettoredi S. Terentio al Mare. Mano propria”.
Presso l’Archivio di Stato di Pisa – Fondo Roncioni, si rinviene una pergamena del 28 Gennaio 1255 in cui è citato un frate Dalmazio da Fenolaria, Maestro della casa dei poveri e delle Magioni dei Templari in tutta Italia, che indice a Pisa una riunione plenaria perché sono spariti calici e arredi in argento dai magazzini delle navi in disarmo (allora le navi venivano messe in disarmo dopo la festa della Madonna di Ferragosto, cioè l’Assunta e riprendevano la navigazione a Genova per la festa di San Giorgio, ed a Venezia per la festa di San Marco, cioè nell’ultima settimana del mese di Aprile). Da ciò si deduce che nel seno di Pertusola l’Ospedale di San Leonardo fosse gestito dai Templari, che vi avrebbero tenuto in disarmo le loro galere e ricoverati i relativi equipaggi. In seguito alla chiusura dell’Ordine la stazione sarebbe poi passata all’Ordine di Malta. Non si sa se, prima di essere stato utilizzato dall’Ordine di Malta, il complesso sia stato posseduto dagli Ospitalieri o da qualche altro ordine religioso che ereditò i beni dei Templari. Il riferimento allo stazionamento di galere dell’Ordine di Malta è confermato dalla relazione di Giuseppe Bandini, accompagnatore dell’Inquisitore a Malta di Benedetto XIV, del Giugno 1754, in cui si legge che essi vennero a Lerici per imbarcarsi sulla galera diretta a Malta (“Giornale Storico della Lunigiana”, 1903, N° 1, pag. 54). Nella carta francese del 1824 di Chabrol de Volvic, a titolo “Veduta del Golfo de La Spezia”, nel seno di Pertusola è raffigurato, a fianco di un canaletto, un edificio direttamente affacciato sul mare. Analoga costruzione era visibile nella carta del Brusco del 1816, di proprietà del Centro Bibliografico Sant’Agostino della Spezia. Potrebbe essere l’antico edificio che non è stato distrutto né dallo scoppio del Forte di Falconara (1922) né dai bombardamenti aerei , né dai cannoneggiamenti che provenivano dalla Linea Gotica, nell’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale. In detto edificio è rappresentato un complesso a strisce bianche e nere che dovrebbe essere l’Ospedale di San Leonardo. Della torre di guardia con finestre arciere, che stava a guardia del “portulo maris”, esiste invece una lastra fotografica - in vetro - dello Studio Conti Vecchi , in cui si può scorgere chiaramente, attraverso l’ingrandimento dell’immagine, l’edificio che contiene l’affresco, al di là della torre da guerra e del molo del porto delle galere. L’immagine, del 1880, è riportata alla pagina 49 del libro “Lerici, la storia in fotografia”, Vol. I, 1991, ed ingrandita, alla pagina 201 del libro “Lerici e il mare”, Vol.I (1999). Dalle citate fotografie dello studio Conti Vecchi si vede tutto l’impianto del “balipedio” della Regia Marina per effettuare le prove dei cannoni da “cento”, cioè da cento tonnellate, che sarebbero poi stati collocati nelle corazzate dell’epoca (ad esempio nel 1885, nella “Morosini”, varata nell’Arsenale di Venezia, ne furono sistemati quattro, su piattaforma girevole). Dalle immagini si possono scorgere i primi pali della elettricità, prodotta negli impianti della Regia Marina, che forniranno anche l’elettricità al faro del Tino (1881). Nella spiaggia del Cesino furono collocati i cantieri di costruzioni navali, dapprima esistenti nella piazza di Lerici, spostati per motivi di sicurezza sociale, in quanto le costruzioni avvenivano “coram populo”, con i ragazzi che giocavano fra gli scali. Si veda l’ex voto della Parrocchia di San Francesco di Lerici in cui si ringrazia la Madonna di Maralunga per aver salvato un ragazzo colpito da due grandi antenne che erano cadute da uno “scip in costruzione” (maggio 1871). Si veda la tavola 69 del libro “Ex voto marinari in provincia della Spezia” (1978). Il culmine dell’intolleranza della popolazione lericina per la presenza degli scali avvenne quando si costruì un veliero così grande, per cui, per sistemare il bompresso, si dovette bucare il muro di una casa di civile abitazione. I nuovi scali entrarono in funzione nel 1885, con la costruzione di tre piroscafi per gli armatori lericini Raggio e Sturlese. Si costruirono però ancora velieri in ferro, per il trasporto di carichi alla rinfusa di basso valore, come dimostra la fotografia riportata alla pagina 163 del suddetto libro “Lerici e il mare”, che mostra il varo del veliero in ferro “Bexere”, del Compartimento di Genova, dell’armatore Delle Piane (1889).
Nel 1883 entrò in funzione il cantiere Giorgio Henfrey & C., per le riparazioni delle navi che trasportavano dalla Sardegna il minerale per la fonderia di Pertusola, la più grande ed antica fonderia italiana per la produzione del piombo e dell’argento, iniziata nel 1857 con la ragione sociale “Pertusola Limited”, di capitale inglese, della famiglia Brassey, che nel 1899 acquistò numerosi giacimenti in Sardegna. Inizialmente questa fonderia utilizzava la lignite del giacimento di Caniparola, e trattava il minerale del piccolo giacimento di piombo del Monte Parodi. Successivamente, si rese necessario utilizzare il minerale proveniente dalla Sardegna - ove già nel 1600 si iniziò l’utilizzo, in piccole quantità, della trasformazione del minerale - mediante navi sempre più grandi. Dalle riparazioni navali il cantiere “Giorgio Henfrey & C.”, passò alle costruzioni navali, e, due anni dopo aver costruito il piroscafo “Maratea”, la ragione sociale passò alla società inglese “Continental lead and iron Company Limited”, chiusa nel 1893. Il cantiere passò nel 1897 alla “Hofer Manaira & C., e da questa alla “Società Anonima Cantieri Navali del Muggiano”, assorbita nel 1911 dalla Fiat San Giorgio, confluita successivamente nella “Ansaldo San Giorgio”, per passare nel 1949 nell’Ansaldo. Successivamente la ragione sociale divenne “Cantiere Navale Muggiano S.p.a.”. Col 1975 cessò la costruzione di navi mercantili, per la specializzazione del cantiere in costruzioni militari, attività che continua tuttora.
Un ricordo personale di questo cantiere.
Nel 1956, essendomi diplomato con i migliori voti presso l’Istituto Nautico della Spezia, vinsi il “Premio Bibolini” per la Sezione Capitani, ed ebbi la fortuna di imbarcarmi come Allievo Ufficiale sulla prima delle motonavi “costruite in serie”, in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa innovazione era nata proprio nel Cantiere di Muggiano, e la nave, prima della serie denominata “Capitani del Lavoro”, si chiamava “Oscar Sinigaglia”. Conoscendo bene l’Inglese Nautico, mi fu affidato il compito di accompagnare nella visita della nave le delegazioni di armatori stranieri che volevano rendersi conto di come era stato progettato e costruito questo nuovo tipo di nave “Ore-Bulk-Oil Carrier” (OBO). Passando in coperta, sotto il ponte di comando, potevo far vedere la targa che indicava il numero di costruzione ed il nome del cantiere, e facendo ciò potevo spiegare con grande soddisfazione che il primato apparteneva al cantiere di casa, essendo l’armatore Bibolini un lericino, ed anch’io un nativo di Lerici, nel Golfo della Spezia, nella Liguria Orientale, regione che manteneva alte le tradizioni marinaresche della antica Repubblica di Genova.
Bibliografia:
Anticaglie di diversi paesi della Lunigiana e del golfo– M. Vinzoni, manoscritto c/o Biblioteca Civica “Mazzini” , La Spezia
Archivio di Stato di Pisa – Fondo Roncioni , pergamena del 28 Gennaio 1255
Cenni storici del Comune d’Arcola del Dottore Pietro Fiamberti – Chiavari, 1835
Codice Pelavicino - importante raccolta contenente le pergamene che garantivano i diritti del vescovo-conte di Lunigiana, che datano dal 900 al 12877. È conservato presso la Biblioteca Niccolò V di Sarzana
Ex-voto Marinari in Provincia della Spezia – Cassa di Risparmio della Spezia, Stringa Editore, Genova, 1978
Giornale Storico della Lunigiana – N° 1, 1903
La visita apostolica di Angelo Peruzzi nella Diocesi di Luni-Sarzana (1584) – E. Freggia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1986
Le carte del Monastero di San Venerio del Tino (1050-1200) – G. Falco – Vol. I, Tipografia San Giuseppe, Pinerolo,1917
Lerici, la storia in fotografia – E. Calzolari – Vol.I , Luna Editore, La Spezia, 1991
Lerici e il mare – E. Calzolari – Luna Editore, La Spezia, 1999
Lerici e la cantieristica nel Golfo della Spezia – Autorità Portuale della Spezia, Grafiche Lunensi, 2008
Libro dei Legati del 1641 – Parrocchia di San Terenzo
Registrum Vetus del Comune di Sarzana – G. Pistarino, In domo Communis Sarzane, 1965
Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa – Firenze, 1777
Saggio istorico descrittivo della Diocesi di Luni-Sarzana - G. Gonetta, Tipografia Tellarini, Sarzana, 1867; Reprint Insubria, Milano, 1979
Storia compendiosa di Lunigiana – G. Gonetta , manoscritto c/o Biblioteca Civica Mazzini, La Spezia
Studi di Lunigiana, antiche acque di Lunigiana, terra misteriosa dedicata a divinità femminili - E. Calzolari, Editrice Mediaevo, Crema, 2004.